Responsabilità per “danni da cose in custodia” – imputazione oggettiva
In materia di responsabilità da cose in custodia, il criterio di imputazione ha carattere oggettivo ed è quindi sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito: il caso fortuito, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, deve derivare da un fatto naturale (o del terzo) di carattere oggettivo, senza che abbia alcuna rilevanza la diligenza o meno del custode.
In materia la Suprema Corte, sottoponendo a sofferta revisione critica i principi in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. da 2477 a 2483, che:
a) L’art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima;
b) La deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode rileva ai fini della sola fattispecie dell’art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l’evento dannoso;
c) Il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall’accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere;
d) Il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1 °, c.c.
Si veda l’allegata sentenza della Corte d’Appello di Venezia dell’anno 2015 (12) che, accogliendo la domanda formulata dall’appellante, difeso dall’avvocato Gianluca Ballo, ha fatto puntuale applicazione dei suddetti principi, benché all’epoca non ancora così puntualmente affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
La Corte Veneziana, accogliendo l’appello presentato dall’avvocato Gianluca Ballo, ha infatti riformato totalmente la sentenza impugnata (ispirata a criteri inconciliabili con quelli sopra richiamati), riconoscendo il diritto dell’appellante al risarcimento del danno, disponendo la restituzione di quanto percepito dall’appellato in esecuzione della sentenza di primo grado ed, infine, condannando il Comune appellato al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese di lite del doppio grado di giudizio.
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