Presupposti e tutela della domanda di “mutamento del cognome”:

L’art. 89 del DPR del 3 novembre 2000 n. 396 prevede che chiunque voglia cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome o cambiare il cognome possa presentare domanda al Prefetto della Provincia del luogo di residenza.

La domanda può anche essere motivata da sentimenti affettivi e di riconoscenza che il richiedente intende tributare al soggetto di cui vorrebbe assumere il cognome (od il cui cognome desidererebbe aggiungere al proprio) e, in linea generale, la domanda è ammissibile se non sussistono conflitti con situazioni giuridiche facenti capo a terzi (od esigenze di pubblico interesse che impongano di rigettare la domanda) e sempre che, in ogni caso, non sia stata richiesta l’attribuzione di un cognome di importanza storica (od appartenente a famiglie illustri o particolarmente note nel luogo di residenza).

Ai sensi dei principi interpretativi salienti e delle indicazioni emesse dalla competente Direzione Centrale per i Servizi Demografici, in relazione alla prassi vigente in materia (analiticamente richiamati dalla circolare del Ministero dell’Interno 21 maggio 2012 n. 6027), l’ordinamento dello Stato Civile prevede un “ampio riconoscimento della facoltà di cambiare il proprio cognome, a fronte del quale la sfera di discrezionalità riservata alla Pubblica Amministrazione deve intendersi circoscritta alla individuazione di puntuali ragioni di pubblico interesse che giustifichino il sacrificio dell’interesse privato del soggetto al cambiamento del proprio cognome, ritenuto anch’esso meritevole di tutela dall’ordinamento” (cfr. Consiglio di Stato, 26 aprile 2006, n. 2320) e che, pertanto, “il provvedimento ministeriale negativo debba essere specificamente e congruamente motivato” (cfr. Consiglio di Stato, 26 giugno 2002, n. 3533);

Si veda l’allegata sentenza del TAR per l’Emilia Romagna (11), che ha accolto il ricorso presentato da un cliente, rappresentato in giudizio dall’avvocato Gianluca Ballo, dopo che la Prefettura di Bologna aveva illegittimamente rigettato la domanda in prima istanza, con decreto così motivato:“…nell’ordinamento italiano il cognome si acquista a titolo originario, in relazione ad un determinato status giuridico e che la funzione del cognome non si esaurisce nella mera individuazione della persona, ma identifica altresì la stessa come appartenente ad una determinata ascendenza, la quale, per i figli legittimi, è quella paterna”.

 Con ricorso al TAR l’avvocato Gianluca Ballo ha evidenziato l’illegittimità del decreto di rigetto della Prefettura, in quanto assunto in violazione e falsa applicazione dell’art. 9 e ss. del DPR 3 novembre 2000 n. 396, chiedendone ed ottenendone l’annullamento, con condanna del Ministero dell’Interno al pagamento delle spese di lite.

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