Possesso esclusivo del bene immobile in comunione e frutti civili
Nella vertenza oggetto del presente commento, promossa avanti al Tribunale civile di Venezia con il patrocinio dell’avvocato Gianluca Ballo, la comproprietaria di un immobile era stata arbitrariamente esclusa dal godimento dello stesso ed aveva introdotto in giudizio la domanda di scioglimento della comunione immobiliare sul bene indiviso, riservandosi di richiederne l’assegnazione.
La domanda di attribuzione di un bene immobile indivisibile infatti, secondo l’orientamento costante della Suprema Corte, costituisce una modalità attuativa della divisione e si risolve nella mera specificazione della pretesa introduttiva del processo rivolta a porre fine allo stato di comunione, come tale formulabile addirittura anche in appello (cfr. infatti Cassazione civile, 2 giugno 1999, n. 5392 e Cassazione civile, 14 maggio 2008, n. 12119).
In pari tempo l’attrice chiedeva il riconoscimento dei frutti civili per il mancato godimento dell’immobile per tutto il periodo in cui esso le era stato arbitrariamente precluso.
Rilevava l’avvocato Gianluca Ballo, legale dell’attrice, che la domanda doveva ritenersi assolutamente fondata in riferimento al corretto principio giuridico secondo il quale il possesso ed il godimento esclusivo del bene comune dà diritto al riconoscimento ed alla percezione (in capo al comproprietario rimasto escluso dal godimento medesimo) dei frutti civili prodotti dal bene.
In proposito l’avvocato Gianluca Ballo sottolineava come il decorso di un periodo di tempo più o meno lungo prima della proposizione dell’azione di scioglimento della comunione immobiliare non possa, in generale, essere assunto quale circostanza da cui desumere automaticamente, come aveva sostenuto il convenuto, una situazione di compossesso delle chiavi dell’immobile (ovvero una sorta di acquiescenza all’occupazione esclusiva del bene da parte di altri comunionisti).
E’ necessario infatti considerare, quanto al primo dei due profili evidenziati, come non si possa parlare di effettiva immissione del comproprietario nel possesso di un bene immobile se non per effetto della consegna delle chiavi di esso: unico atto che pone il bene nella sfera di concreta disponibilità del titolare del diritto.
La circostanza della mancata disponibilità delle chiavi da parte della richiedente appariva palese, al punto che le operazioni peritali di stima del compendio immobiliare potevano avvenire solo grazie all’apertura dei cancelli, chiusi con catena e lucchetto, ad opera dell’unico detentore di esse, controparte processuale dell’attrice.
Tale situazione aveva evidentemente comportato, di fatto, l’impossibilità per l’attrice di godere dei frutti civili prodotti (o producibili) dall’immobile suddetto (canoni di locazione), con conseguente diritto, in quanto comproprietaria esclusa da tale godimento, di percepire un’indennità corrispondente (si veda, sul punto, la costante giurisprudenza di legittimità, in forza della quale: “…il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, una indennità corrispondente…” (così ex multis: Cassazione civile n. 20394/13; Cassazione civile n. 5156/12; Cassazione civile n. 7881/11 e Cassazione civile, n. 7716/90).
Erano inoltre agli atti svariate contestazioni formali di occupazione esclusiva del bene immobile de quo per cui risultava provato, contrariamente a quanto controparte affermava, come fosse da gran tempo che l’attrice avesse reclamato, senza successo, i propri diritti di comproprietaria ed avesse contestato la sua illegittima esclusione dal godimento del bene ad opera del convenuto, denunciando anche il precario stato di manutenzione del bene e l’impossibilità di intervenire direttamente su di esso per la messa in sicurezza, intimando al detentore di attivarsi.
Il Tribunale di Venezia, accogliendo le domande formulate dall’avvocato Gianluca Ballo nell’interesse dell’attrice, accertato che il convenuto aveva posseduto e possedeva in via esclusiva l’immobile in comunione fra le parti, pronunciava sentenza parziale di condanna al pagamento del 50 % dei frutti civili prodotti (o comunque ricavabili) dal bene immobile, nella misura di euro 44.800,00 maggiorata di interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria fino alla consegna delle chiavi del cancello di accesso o, in difetto di consegna di esse, fino allo scioglimento della comunione (26).
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