Negato l’assegno di divorzio alla moglie giovane di un facoltoso imprenditore
In una causa di divorzio il marito – assistito dagli avv.ti Alessandro Luciano e Gianluca Ballo – veniva obbligato dal Tribunale di Pordenone a versare un assegno di divorzio dell’importo di Euro 1.300,00 in favore della moglie nonostante la sua giovane età e la breve durata del matrimonio di appena 18 mesi.
Nel giudizio di primo grado il Tribunale di Pordenone aveva valorizzato la rilevante e significava disparità reddituale dei coniugi e riteneva provato il concorso alla formazione del patrimonio del marito imprenditore da parte della giovane moglie.
Gli avv.ti Luciano e Ballo consigliavano il marito di impugnare la sentenza di merito del Tribunale di Pordenone in quanto le motivazioni formulate dal Giudice di primo grado risultavano essere in contrasto con i principi di diritto formulati dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la nota sentenza del 2018 che ha rideterminato i criteri di assegnazione dell’assegno divorzile, valorizzando non solo la durata del matrimonio, ma anche il sacrificio sopportato dal coniuge richiedente per la gestione della famiglia e la formazione del patrimonio familiare.
Nel giudizio di secondo grado coltivato avanti alla Corte di Appello di Trieste l’ex marito – assistito dall’avv. Luciano e dell’avv. Ballo – chiedeva alla Corte d’Appello di revocare l’assegno divorzile della somma di Euro 1.300,00, concesso all’ex moglie in primo grado.
La Corte d’Appello, ribaltando la sentenza di primo grado, accoglieva le domande dell’ex marito e revocava l’assegno divorzile disposto a favore della moglie, alla luce della totale carenza dei presupposti recentemente rideterminati dalla giurisprudenza.
In particolare la Corte di Appello di Trieste accoglieva le seguenti argomentazioni difensive formulate dagli avv.ti Luciano e Ballo nell’atto di appello:
- la moglie non aveva dimostrato di aver contribuito alla formazione del patrimonio del marito imprenditore;
- la moglie, ancora di giovane età di appena 43 anni, era in grado di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento, in considerazione delle sue competenze e qualifiche lavorative precedenti al matrimonio.
Tali elementi hanno convinto la Corte di Appello di Trieste a ritenere che non vi fosse ragione per concedere un assegno divorzile, revocando l’assegno di Euro 1.300,00 concesso dal Tribunale di Pordenone.
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