La Truffa Contrattuale e il confine fra rilevanza penale e civile del fatto

La Suprema Corte, con sentenza n. 22468 del 24 maggio 2022, ritorna sulla fattispecie di reato della c.d. “truffa contrattuale”, che si consuma non nel momento in cui il soggetto passivo, per effetto degli artifici o raggiri, assume l’obbligazione della dazione di un bene economico, ma al momento in cui si realizza il conseguimento del bene da parte dell’agente, con la conseguente perdita dello stesso da parte della persona offesa – ma qual è invece la sorte di un negozio giuridico che, durante la sua esecuzione, si riveli insoddisfacente per una delle parti contrattuali?

Parafrasando il brocardo latino “caveat emptor” si dovrebbe dire che analoga attenzione deve prestare il contraente alla firma di un qualsiasi contratto, perché non ogni negozio giuridico frutto dell’incontro fra la libera volontà delle parti integra necessariamente, in caso di successiva insoddisfazione di un contraente, una truffa contrattuale: per esempio reclamizzare l’attività della società con un foto di un lussuoso immobile che non corrisponde alla sede sociale, per rivestire carattere di artificio, deve avere un peso specifico assorbente nel perfezionamento negoziale, così come un’assistenza mancata, un’aspettativa delusa, dei corsi di aggiornamento non sostenuti non valgono ad integrare il reato di truffa contrattuale e non consentono al giudice penale un sindacato circa il contenuto di un contratto frutto della libera autonomia dei privati e dell’incontro di volontà non viziate, dovendo eventualmente trovare dette problematiche la sede di propria composizione in ambito civilistico.

Vedi la sentenza della Corte d’Appello di Milano/ Sezione Quarta Penale (3) in un processo penale seguito dallo Studio Legale Ballo che, sulla scorta dei principi di cui sopra, ha riformato una sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Como.

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