La mancata contestazione è incompatibile con la negazione del fatto – i provvedimenti anticipatori di condanna
La giurisprudenza di legittimità, già prima della modifica dell’art. 115 c.p.c. ad opera della Legge n. 69 del 18 giugno 2009 (che ha formalmente introdotto nel nostro ordinamento il principio di non contestazione, secondo cui il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita), ha costantemente enunciato il principio per cui i fatti pacifici tra le parti non hanno bisogno di essere provati.
Successivamente la Corte di legittimità è pervenuta per via interpretativa all’affermazione di un principio, analogo a quello poi introdotto con la modifica dell’art. 115 c.p.c., fondato sulla lettera dell’art. 167 c.p.c. (laddove essa impone al convenuto di prendere posizione in comparsa di risposta sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda).
Da tale regola si è tratta la logica conseguenza che la mancata contestazione, a fronte di un onere esplicitamente imposto dal dettato legislativo, costituisca di per sé adozione d’una condotta incompatibile con la negazione del fatto costitutivo della domanda, la cui prova diviene perciò inutile (cfr. Cassazione civile sez. III, 6 ottobre 2015, n. 19896).
Pertanto non solo l’ammissione, implicita od esplicita, dei fatti costitutivi posti a fondamento della domanda determina la conseguenza che un fatto allegato debba essere considerato pacifico (e posto a fondamento della decisione), ma può avere lo stesso effetto anche la mancata contestazione (consistente nell’omessa proposizione di eccezioni di merito dirette a far valere la rilevanza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della stessa domanda, ovvero la mancata presa di posizione sui fatti enunciati dalla controparte).
Ed a maggior ragione detta mancata presa di posizione, in correlazione con il disposto di cui all’art. 115, comma 1 °, c.p.c., ben può essere rappresentata dal silenzio mantenuto da una parte in relazione a fatti enunciati dall’altra parte, inteso quale mancata indicazione di elementi idonei a smentirli.
Il principio di non contestazione, con conseguente sollevazione dell’avversario dall’onere probatorio, postula in particolare che la parte che lo invoca abbia, per prima, ottemperato all’onere processuale a suo carico di compiere una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione con apprezzabile grado di specificità.
Ciò in quanto il sistema di preclusioni del processo civile, se comporta per le parti l’onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa, evidenziando con chiarezza gli elementi in contestazione, presuppone che la parte che ha l’onere di allegare e provare i fatti anzitutto specifichi le relative circostanze in modo dettagliato ed analitico, così che l’altra abbia il dovere di prendere posizione verso tali allegazioni puntuali e di contestarle ovvero di ammetterle, in mancanza di una risposta in ordine a ciascuna di esse (cfr. Cassazione civile, 15 ottobre 2014, n. 21847).
Nel caso oggetto della sentenza di cui al commento la società attrice – rappresentata e difesa dall’avvocato Gianluca Ballo – aveva citato in giudizio la controparte contrattuale, chiedendo che il Tribunale di Rovigo dichiarasse la risoluzione di un contratto di compravendita di prodotti agricoli stipulato con la convenuta, alla quale era stato corrisposto anticipatamente un corrispettivo di € 296.000,00 senza che la stessa venditrice avesse mai consegnato la merce acquistata; veniva richiesta altresì la condanna della società convenuta alla restituzione del prezzo ed al risarcimento del danno.
La convenuta si è costituita in giudizio negando che fra le parti fosse stato stipulato un contratto di compravendita di prodotti agricoli ed eccependo comunque la nullità dello stesso per mancata stipulazione in forma scritta, contestando in maniera aspecifica le allegazioni di parte attrice.
L’avvocato Gianluca Ballo depositava quindi istanza ex art. 186 bis c.p.c. per ottenere la pronuncia di un’ordinanza anticipatoria di condanna della somma di € 296.000,00 reclamata dalla società attrice, ritenuta non contestata: in particolare, la difesa attorea argomentava che, sia nel caso di validità del contratto di compravendita fra le parti e sia nel caso di nullità dello stesso per mancanza della forma scritta, controparte non aveva comunque preso specifica posizione in merito alla ragione per cui la somma richiesta (pagata come prezzo dei prodotti agricoli) non dovesse essere restituita all’avente diritto.
Il Tribunale di Rovigo, in accoglimento dell’istanza dell’avvocato Gianluca Ballo, pronunciava ordinanza ex art. 186 bis c.p.c. che obbligava la società convenuta – in ragione della generica contestazione dispiegata, ritenuta equivalente ad una mancata contestazione – al pagamento anticipato in favore dell’attrice dell’importo summenzionato, oltre interessi legali della domanda al saldo.
Inoltre il Tribunale di Rovigo, con successiva sentenza che definiva il procedimento, confermava l’ordinanza pronunciata ex art. 186 bis c.p.c. e – sebbene accertata la nullità del contratto di compravendita fra le parti per mancata stipulazione scritta – condannava la convenuta alla restituzione in favore dell’attrice, difesa dall’avvocato Gianluca Ballo, della somma capitale di € 296.000,00, oltre agli interessi al saggio legale decorrenti sull’importo dovuto dalla domanda giudiziale al saldo, condannando altresì la convenuta alla refusione delle spese di lite (32).
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