Figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente – quando paga la mamma:
L’obbligo del mantenimento sussistente in capo ai genitori, ex artt. 147 e 315 bis c.c., consiste nel dovere di assicurare ai figli, anche oltre il raggiungimento della maggiore età ed in proporzione alle proprie risorse economiche, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente (cfr. da ultimo Cassazione civile, 22 luglio 2019, n. 19696).
Tale obbligo può sussistere quindi anche nella fase in cui il figlio da poco laureato, pur ritraendo un modesto emolumento reddituale da un’attività lavorativa appena intrapresa, debba necessariamente fare ancora affidamento sulle risorse economiche fornite dai genitori.
Nell’ipotesi di genitori divorziati e di figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente che viva con il padre (situazione statisticamente meno frequente ma che comunque ricorre) sarà dunque la madre – in considerazione della situazione del tutto paritaria dei genitori sotto il profilo dei doveri di tutela della prole – ad essere tenuta al pagamento dell’assegno di contributo mensile al mantenimento.
E ciò anche in ipotesi in cui la madre, benché priva di un’occupazione lavorativa e con scarse rendite patrimoniali dichiarate, disponga di un patrimonio con accertato potenziale produttivo.
Si veda l’allegata sentenza del Tribunale Collegiale di Rovigo (9) che, accogliendo la domanda formulata dal ricorrente, difeso dall’avvocato Gianluca Ballo, ha ritenuto che la titolarità di un considerevole patrimonio con potenziale produttivo non esimesse la madre divorziata, benché priva di un’occupazione lavorativa stabile e con scarse rendite dichiarate, di contribuire al mantenimento del figlio, convivente con il padre, nella delicata fase di avviamento di una professione dopo il conseguimento della laurea.
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