Errore sul contenuto giuridico di una sentenza ed errore sulla legge penale
La Corte Costituzionale, già con la risalente sentenza n. 382 del 1985, nell’affrontare la problematica dei limiti di reddito per ottenere il patrocinio a spese dello Stato, ha precisato, in linea generale, che: “…nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga…”.
La giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Sez. 4, n. 47760/2018), anche in riferimento al contenuto dell’art. 47 c.p. (che definisce il c.d. “errore di fatto”), ha riaffermato il principio secondo cui può essere ravvisato un “errore scusabile” in situazioni ove colui che presenta la domanda di ammissione al gratuito patrocinio sia stato tratto in inganno da documenti fiscali predisposti dalla PA o da terzi, tali da ingenerare confusione od errore sulla consistenza dell’entrata patrimoniale da considerare a tali fini.
L’omissione di una voce di reddito, che l’imputato può aver ritenuto non andasse computato tra quelli di cui al DPR n. 115/2002 (in quanto considerato erroneamente rientrante nella nozione di indennizzo), può quindi dare luogo a tale errore scusabile in quanto non considerabile necessariamente quale “errore sulla legge penale”.
Vedi la sentenza del Tribunale penale Monocratico di Rovigo (6) che, sulla scorta dei principi di cui sopra, ha assolto l’imputata, difesa dall’avvocato Gianluca Ballo, atteso che la stessa (avendo interpretato erroneamente il contenuto di una sentenza civile, di complessa lettura, che le aveva riconosciuto emolumenti derivanti da differenze salariali maturate nell’ambito di un rapporto di lavoro illegittimamente risolto) aveva ritenuto che le somme ricevute non avessero una fonte reddituale (ma di mero indennizzo).
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